Perchè Berlinguer

 In questo breve periodo dal lancio dell’Associazione, non sono state poche le critiche non tanto al nostro progetto, bensì al suo perché, alla sua ragione d’esistenza, alla sua causa fondante. Molti non la capiscono e ci accusano di chissà quali trame e quali eresie.

Eppure, essendo giovani che non hanno conosciuto Berlinguer, visto che abbiamo tutti tra i 18 e i 22 anni, non ci prestiamo nemmeno all’accusa di nostalgismo o passatismo che qualche sedicente riformista vuole appiopparci, così come, la nostra assoluta indipendenza dai partiti sia come sito che come associazione, respinge ogni accusa di strumentalizzazione della figura e del pensiero di Enrico, col fine di trasformarlo in un eroe borghese, finanche “perbenista”.

Tutte accuse che abbiamo ricevuto e che lasciano sinceramente il tempo che trovano, visto l’enorme successo che abbiamo su facebook, dove la pagina di Enrico cresce di quasi 1000 unità a settimana (se non di più). Siamo riusciti a mettere insieme, dal nulla e grazie soprattutto a questo sito web, 84.000 persone, concentrate perlopiù a Roma e Milano, molti dei quali non votano più perché sono arrabbiati o semplicemente perché si sentono abbandonati da chi gli aveva promesso un nuovo mondo (e invece devono sopravvivere in condizioni indecenti in quello vecchio da troppo tempo).

C’è chi era comunista e ha scelto strade diverse; c’è chi lo era e continua ad esserlo; c’è chi non lo è mai stato, ma vede in Enrico Berlinguer un punto di riferimento ideale, politico e umano indispensabile per la propria maturità.

Questo enorme capitale sociale non va sprecato e va, invece, razionalizzato, organizzato, strutturato: e non per fare l’ennesimo partitino, per dedicarsi a manovre di bassa politica, né tanto meno per garantirci (per noi) posti in questo o quel partito (né per vantarci con gli amici al bar di questo o di quel merito), bensì per restituire alla Rete, al popolo, ai cittadini l’immagine di Enrico così come lui era, attraverso i suoi discorsi, le sue interviste, senza le mediazioni di chi con le sue idee ci ha campato 20 anni (salvo ripudiarlo ora, che vanno di moda altri).

Perché esistiamo? Perché semplicemente pensiamo che sia un modo come un altro per dire GRAZIE ad un uomo che ha sacrificato tutta la propria vita e i propri affetti per qualcosa di più nobile e alto del successo personale. Un uomo, disse una volta il suo medico, che per carattere era adatto a fare il bibliotecario, ma non certo il segretario di partito, eppure per senso del dovere e con assoluto rigore morale lo ha fatto, non per sé, ma per gli altri.

Noi esistiamo per fare politica, certamente, ma anzitutto per fare cultura: perché il grande lavoro della nostra generazione sarà quella di fare una nuova cultura di sinistra, ma soprattutto di re-inventare una morale. Perché è ora che tutti se ne rendano conto: la Questione Morale è il centro del problema italiano, e noi faremo di tutto per rilanciarla in ogni sede di partito o di associazione, perché aldilà del ricordo, dell’archivio, delle parole, devono seguire fatti ben precisi.

Chi ha difeso Enrico dalle calunnie vere e proprie di Stefania Craxi apparse a fine agosto sul Corriere della Sera? Siamo stati noi, gli unici, a parte Macaluso, ma per il resto nessuno si è degnato di rispondere nel merito e confutare una tesi che già nel suo incipit viene smentita dalla storia intesa come mera successione di date (e non tanto di processi politici).

È ora che tutto questo finisca: non possiamo essere in pochi a difendere Enrico, dobbiamo darci una struttura, per contare sempre di più. C’è bisogno dell’aiuto di tutti, ognuno può dare una mano, non c’è bisogno alcuno di grandi sforzi o di soldi o di chissà cosa: noi facciamo tutto questo per Enrico.

E quindi lo facciamo gratis, come lui lo ha fatto per noi, anche se ci costa tempo e denaro, perché pensiamo che il tempo e il denaro che spendiamo sia ben investito (e vi assicuriamo che a 20 anni potremmo spenderlo in maniera diversa e ben più sconsiderata).

Il nostro obiettivo è dimostrare con le parole di Enrico la sua lungimiranza e la sua grandezza, in tempi in cui sarebbe molto più facile dedicarsi ad altri falsi miti che ritornano, che vengono oggi celebrati in pompa magna dal regime televisivo che ci malgoverna da 15 anni.

Per questo esistiamo, per ricordare non solo il politico, ma anche l’uomo e l’idea: il dolore e il rimpianto per la perdita di quel grande uomo che è stato Enrico Berlinguer non deve esaurirsi in sterili dibattiti, ma deve tradursi nella voglia di immaginare, progettare e proporre quell’idea alta della politica che Enrico Berlinguer ha testimoniato con la sua vita e con la sua morte, rimanendo fino all’ultimo su quel palco, a Padova, come un eroe. Morendo sul lavoro, come ha detto qualcuno.

Un commento molto frequente che appare sulla pagina facebook di Berlinguer recita più o meno così: “Sono di Destra, ma tanto di cappello a Berlinguer. Uomini come lui servirebbero ancora all’Italia.”

Ci pensino i suoi successori che hanno seguito fin troppo bene la lezione di Miriam Mafai, ovvero “Dimenticare Berlinguer”, perché troppo poco moderno, troppo comunista e altri luoghi comuni che oramai infestano la mente di tanti giovani militanti che gli vanno pure dietro.

Io rispondo loro alla maniera di Gramsci:

“Si rimprovera al passato di non aver compiuto il compito del presente: come sarebbe più comodo se i genitori avessero già fatto il lavoro dei figli. Nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente: chissà cosa avremmo fatto noi se i nostri genitori avessero fatto questo e quest’altro… ma essi non l’hanno fatto e, quindi, noi non abbiamo fatto nulla di più.

Una soffitta su un pianterreno è meno soffitta di quella sul decimo o trentesimo piano? Una generazione che sa far solo soffitte si lamenta che i predecessori non abbiano già costruito palazzi di dieci o trenta piani. Dite di esser capaci di costruire cattedrali, ma non siete capaci che di costruire soffitte.”

Ora sta a voi decidere se volete provare a costruire un Palazzo o volete continuare a costruire soffitte. Dicevano una volta che “siamo nani sulle spalle di giganti”. A ben vedere, sono rimasti solo i nani.

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