dall’intervista a Gianfranco Piazzesi, Corriere della Sera, maggio 1979
Non abbiamo la pretesa di fare gli interpreti autentici del pensiero di Aldo Moro, e tanto meno, pur rispettando la sua levatura, siamo suoi seguaci.
Sta di fatto tuttavia che, a mio avviso, l’onorevole Aldo Moro aveva affrontato il nodo della questione comunista secondo un modo e con un intento precisi, che erano di sciogliere quel nodo positivamente.
La sua gradualità, anzi la sua prudenza circospetta, stavano in diretta relazione con la sua dichiarata volontà di procedere più avanti possibile nel rapporto con il Pci.
La sua visione della democrazia non contemplava che lo Stato sorto dalla Resistenza e la società italiana quale si è storicamente formata, potessero vivere e svilupparsi escludendone il movimento operaio nel suo complesso, e quindi il Pci, il partito che più lo rappresenta.
Dopo la tragica scomparsa di quest’uomo, la Dc è divenuta oscillante e preoccupata e, via via, si è dimostrata sempre più irresponsabilmente propensa ad allungare i tempi all’infinito e, intanto, a profittarne.