Per salvare e cambiare il mondo

dalle conclusioni al XV Congresso nazionale del PCI, Roma, 3 aprile 1977

Abbiamo parlato di nuovo internazionalismo: dove sta la novità? Sta nel fatto che se mettiamo – come dobbiamo mettere – al primo posto delle preoccupazioni nostre, e delle preoccupazioni di tutti gli italiani, di uomini e donne di ogni parte del mondo, la necessità di evitare la catastrofe atomica, che è pericolo tutt’altro che scongiurato; se mettiamo all’ordine del giorno la necessità di spegnere i tanti focolai di guerra che ci sono nel mondo, di ridurre gli armamenti; se affermiamo che la salvaguardia della pace è strettamente legata alla risoluzione dei grandi problemi dell’umanità d’oggi, e il primo fra tutti quello del sollevamento delle aree del sottosviluppo, della fame, della sete, della miseria, delle malattie endemiche, dell’analfabetismo; se è vero tutto questo, allora è indispensabile che tutte le forze che sono sensibili a questi problemi e vogliono risolverli – si tratti di partiti comunisti, di partiti socialisti e socialdemocratici, di movimenti di liberazione nazionale, siano o no questi al potere, e si tratti di correnti e organizzazioni dalle ispirazioni ideali più diverse – trovino il modo di intraprendere una azione che abbia almeno alcuni tratti comuni, e converga verso il raggiungimento di obiettivi che vadano nel senso della pace, di una coesistenza pacifica dinamicamente intesa e protesa verso la cooperazione, verso la creazione di un nuovo e giusto ordine economico internazionale.

Avrebbe grande valore – questa per ora è soltanto una idea che non abbiamo ancora bene elaborato e che vogliamo discutere con altri nostri amici e compagni di altri paesi -se si riuscisse a mettere a punto una sorta di “Carta” che definisse i principi, le linee e gli obiettivi di una strategia unitaria della pace e dello sviluppo.

Ecco dunque il passo avanti che bisogna far compiere all’internazionalismo, e dal punto di vista dell’estensione delle forze da impegnare (che vanno ben oltre i partiti comunisti), e dal punto di vista della grandezza e urgenza degli obiettivi da perseguire.

Anche per questo a noi non sembra più corrispondente ai tempi parlare, in senso stretto, di un movimento comunista internazionale, non già perché sottovalutiamo il ruolo dei partiti comunisti e degli Stati socialisti, ma perché riteniamo che i partiti comunisti devono essere dentro uno schieramento più ampio e variegato, che muove verso gli obiettivi della trasformazione e della unità del mondo. Può accadere, e accade, che un partito comunista, uno Stato socialista, trovi più vicine alle sue impostazioni quelle di un partito, di un movimento progressista e popolare o di un governo democratico ma non comunista, che quelle di un altro partito comunista o Stato socialista: si tratta di un dato della realtà di oggi e da molti anni a questa parte. Questo non vuol certo dire che non si debbano percorrere le vie e compiere tutti gli sforzi per superare le divisioni esistenti fra i partiti comunisti; ma la collaborazione, !’intesa, le alleanze vanno ricercate e possono essere realizzate In un’area ben più vasta di quella comunista.

Alla base di questa nostra concezione di un nuovo internazionalismo, resta – e va anzi ribadito – il principio del rispetto rigoroso della autonomia e indipendenza di ogni partito, movimento e Stato. Va ribadito che non ci sono e non ci possono essere più né partiti né Stati – guida. Questo è un dato irreversibilmente acquisito dal nostro partito. Ma se l’autonomia significasse che ogni partito e movimento si chiude in se stesso o limita il suo orizzonte alle questioni interne del proprio paese, i partiti comunisti e le forze progressiste di ogni orientamento si isolerebbero, rinuncerebbero cioè a quell’iniziativa internazionale e internazionalista che è invece indispensabile per salvare e cambiare il mondo.

Questa è la concezione, questi i contenuti nuovi che noi comunisti italiani propugniamo proponendoci, come primo nostro specifico obiettivo, di colmare un vuoto che ha così gravemente condizionato tutti gli sviluppi europei e internazionali, di contribuire, cioè, a portare il movimento operaio dell’Europa occidentale ad assumere un ruolo che lo veda affermarsi come forza nuova dirigente dell’Europa.

Ce lo proponiamo proprio affinché l’Europa stessa possa svolgere, sia verso le massime potenze sia verso i popoli e i paesi in via di sviluppo, un’azione autonoma volta a promuovere e a realizzare una cooperazione internazionale sempre più vasta e feconda di benefici risultati, per la pace e per il progresso e l’avanzata delle classi lavoratrici dell’Occidente e dei popoli del Terzo mondo. Ecco qual è la nostra visione dell’eurocomunismo, ecco il succo di quello che intendiamo per “terza via”.

E con questa visione e prospettiva andremo alle elezioni per il parlamento europeo, ben sapendo, naturalmente, che dobbiamo presentarci con un programma preciso e concreto che sarà sottoposto questo pomeriggio alla vostra approvazione, ma ben sapendo anche che dobbiamo dare alla impostazione della nostra campagna per l’elezione del parlamento europeo questo più vasto respiro.

C’è bisogno di un forte partito, di una forte rappresentanza del Partito comunista italiano nel parlamento europeo. Certo, sarà necessario cercare una convergenza con altre forze di sinistra e democratiche: ma senza una forte rappresentanza dei comunisti non potrà andare avanti la causa della trasformazione profonda degli assetti sociali e politici di questa vecchia Europa.

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