dall’intervista a “L’Unità”, dicembre 1980
Rispondo così anche a ciò che tu dicevi all’inizio circa il rischio che là nostra proposta venga intesa in certe zone del partito come un ripiegamento settario rispetto a tutto il cammino che abbiamo fatto in questi anni definendoci sempre più come un partito aperto al dialogo, con una profonda ispirazione unitaria, pronto ad assumere le responsabilità e gli oneri di un partito di governo in una società pluralista, inflessibile nella lotta al terrorismo, cosciente della posizione internazionale dell’Italia, delle sue possibilità e dei ‘slloi vincoli.
Capisco il sentimento di certi compagni ma non sono d’accordo quando sento certi «finalmente», certi «lo dovevate capire fin dal 1976, che con la Dc non c’era niente da fare».
Sappiamo di aver fatto anche errori, li abbiamo esaminati, e ne abbiamo tratto le conseguenze, da quando nel gennaio 1979 siamo usciti dalla maggioranza. Ma, attenzione. Se oggi un partito come il nostro, che non è un partito socialdemocratico, può fare in modo credibile una proposta di governo imperniata sulla sua forza e sulle garanzie che dà, ciò avviene non malgrado le esperienze e il cammino di questi anni bensì anche grazie a essi.