dall’Intervista a Moby Dick, mensile della Fgci siciliana, giugno 1981
Il riscatto e la liberazione dei giovani – degli uomini – presuppone un impegno individuale, della singola persona, il rispetto delle sue propensioni e vocazioni, delle sue specifiche preferenze e aspirazioni personali nei vari campi: ma si realizza pienamente e duraturamente solo attraverso uno sforzo collettivo, un’ opera corale, una lotta comune. Insomma ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno.
La famosa «demotivazione» al lavoro nei giovani è avvenuta su questi punti non risolti. Qui è avvenuta una certa rottura tra le generazioni più anziane rispetto a quelle ultime: qui si è prodotto il distacco dal lavoro di strati di giovani non solo in quanto il lavoro viene giudicato alienato e alienante – perché il lavoro indubbiamente è ancora tale, ma in quanto è divenuto un lavoro rivolto a conseguire prodotti, fini e risultati che invece di far crescere qualitativamente la società e l’uomo, li immiseriscono, li imbarbariscono. Troppo sbrigativamente si sono accusati in blocco giovani e ragazze di non voler lavorare (o di non voler studiare) solo perché rei di domandarsi e di voler discutere il perché del lavoro o il perché dello studio.